IL VICE PRETORE A scioglimento della riserva che precede ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa n. 4245/92 promossa da Contini Ornella (avv. Mauro Rosati) contro Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio - Enasarco (avv.ti Paolo Petrini e Luigi Caliulo). Oggetto: ripetizione indebito pensionistico. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La sig.ra Contini Ornella, vedova del signor Polimeni Giuseppe (che era agente con esclusiva della ditta S.J.C.E. di Monsano), con atto depositato in data 27 gennaio 1992 ricorreva al pretore di Perugia esponendo che in data 23 gennaio 1990 l'Enasarco aveva cominciato ad effettuare delle trattenute sulla pensione di riversibilita' da ella goduta essendo risultato "che il rapporto intercorso non e' stato di esclusiva". Non risultando tale circostanza rispondente a verita', la sig.ra Contini chiedeva che venisse dichiarata l'illegittimita' della condotta dell'Enasarco, ingiungendo all'ente di restituire le somme indebitamente trattenute. Con memoria depositata in data 19 marzo 1992 l'Enasarco si costituiva in giudizio svolgendo a sua volta domanda riconvenzionale: osservava l'ente che la trattenuta sulla pensione erogata alla sig.ra Contini era in realta' dovuta ad un ricalcolo della liquidazione dovendosi tenere come base provvigionale inerente il triennio piu' favorevole quella del periodo 1978-1980 e non quella dal 1982 al 1984. Tale errore - a dire dell'Enasarco - era stato provocato dalle dichiarazioni rese dal sig. Polimeni in data 10 marzo 1986. L'Enasarco chiedeva quindi la condanna in via riconvenzionata della sig.ra Contini al pagamento della somma di L. 8.094.828. All'udienza di discussione la ricorrente ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 52 della legge n. 88/1989, nella parte in cui non prevede anche per i pensionati Enasarco la possibilita' di non restituire le somme indebitamente percepite in assenza di dolo, a differenza dei pensionati I.N.P.S., in relazione all'art. 3 della Costituzione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Il vice pretore giudica rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88 rispetto all'art. 3 della Costituzione. 2. - La rilevanza. L'art. 52 della legge 9 marzo 1989 n. 88 (ristrutturazione dell'istituto nazionale della previdenza sociale e dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) invocato dal ricorrente, non e' applicabile alla fattispecie ne' direttamente ne' analogicamente. La disposizione stabilisce al primo comma che "le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nonche' la pensione sociale, possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione". Il secondo comma dispone poi che "nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato". La pensione erogata dall'Enasarco ha natura integrativa del trattamento derivante dall'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita' vecchiaia e superstiti prevista dalla legge 22 luglio 1966, n. 613 (estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per invalidita' vecchiaia e superstiti agli esercenti attivita' commerciali e ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i laboratori autonomi). Tuttavia l'art. 52 della legge n. 88/1989, pur indicando quali pensioni rettificabili quelle a carico delle gestioni integrative dell'assicurazione generale obbligatoria, si riferisce solo alle pensioni corrisposte dai fondi integrativi gestiti dall'I.N.P.S. e non a quelle erogate da fondi integrativi gestiti da altri enti. A tale conclusione si deve necessariamente pervenire non solo con riferimento al tenore letterale della norma ma anche in base all'esame della collocazione della disposizione stessa, che e' stata dettata nell'ambito di una legge dedicata alla ristrutturazione dell'I.N.P.S. (e dell'I.N.A.I.L., per il quale e' prevista una norma corrispondente a quella dell'art. 52, vale a dire l'art. 55). In base a tali considerazioni si puo' concludere che l'art. 52 della legge n. 88/1989, cosi' come formulato, e' applicabile direttamente alle sole prestazioni erogate dall'I.N.P.S. e non anche a quelle erogate dall'Enasarco. Infine, la norma in esame non e' suscettibile di interpretazione analogica: essa si pone infatti come eccezionale rispetto al generale principio della ripetibilita' dell'indebito oggettivo (art. 2033 del codice civile). In tal senso si e' del resto pronunciata la giurisprudenza di merito con orientamento allo stato del tutto predominante. Il rapporto di cui e' causa resta quindi disciplinato dalle norme di cui all'art. 2033 del c.c. e all'art. 21 del decreto ministeriale 20 febbraio 1974 (il quale prevede in generale il diritto dell'Enasarco a ripetere le somme indebitamente percepite dagli assicurati, salva l'insussistenza dell'obbligo di corresponsione da parte di questi ultimi degli interessi legali qualora l'indebita percezione sia dovuta ad errore dell'Enasarco): pertanto e' di tutta evidenza che dette norme prevedono un trattamento deteriore per gli assicurati all'Enasarco rispetto a quello previsto dall'art. 52 della legge n. 88/1989. In base alle suesposte considerazioni - ferma ed impregiudicata ogni questione inerente l'assenza o meno del dolo da parte dell'assicurato ed al rapporto causale con il comportamento dell'ente (aspetti questi che eventualmente verranno affrontati in un secondo momento) - questo v. pretore - applicando l'art. 21 del decreto ministeriale anche in relazione all'art. 2033 del c.c. - dovrebbe sicuramente respingere il ricorso, ritenendo non applicabile a priori l'art. 52 della legge n. 88/1989. Da cio' deriva la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 3. - La non manifesta infondatezza. L'art. 52 della legge n. 88/1989 appre in contrasto in modo non infondato con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede l'irripetibilita' dell'indebito pensionistico, salvo il dolo del percipiente, anche in caso di indebito scaturito da rettifica delle pensioni integrative dell'assicurazione generale obbligatoria erogate dall'Enasarco. La irripetibilita' dell'indebito e' infatti prevista per i pensionati I.N.P.S. sia che siano assicurati presso l'a.g.o. che presso i fondi integrativi di questa gestiti dall'Istituto. La norma crea quindi una disparita' di trattamento tra coloro che godono di trattamenti pensionistici anche integrativi, erogati dll'I.N.P.S. e coloro che godono dei trattamenti pensionistici erogati dall'Enasarco, per i quali ultimi l'indebito percepito in buona fede deve essere comunque restituito. Al riguardo va fatto notare che sia per gli assicurati I.N.P.S. sia per quelli Enasarco la tutela previdenziale trova la sua origine nell'art. 38 della Costituzione, per cui le disparita' di trattamento che non abbiano una loro adeguata e plausibile motivazione appaiono irrazionali ed ingiustificate con riferimento all'art. 3 della Costituzione. Al riguardo va fatto notare che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 52 della legge n. 88/1989 in relazione all'art. 3 della Costituzione per non essere stata prevista l'irripetibilita' delle prestazioni Enasarco era gia' stata rimessa alla consulta dal pretore di Rovigo con ordinanza del 14 ottobre 1991 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie speciale n. 10 del 4 marzo 1992), le cui osservazioni si ritengono di condividere ampiamente. La Corte costituzionale, pero', con ordinanza 7-20 luglio 1992 (in Gazzetta Ufficiale 29 luglio 1992 - I serie speciale n. 32) aveva ordinato la restituzione degli atti al pretore di Rovigo essendo nelle more sopravvenuto l'art. 13 della legge 30 dicembre 1991 n. 412, che aveva interpretato autenticamente l'art. 52 della legge n. 88/1989: come e' noto, tale norma prevedeva che "le disposizioni di cui all'art. 52, secondo comma, della legge 9 marzo 1989, n. 88 si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia stata data espressa comunicazione all'interessato e che risulti viziato da errore di quansiasi natura imputabile all'ente erogatore, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. L'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano gia' conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilita' delle somme indebitamente percepite". Peraltro, al di la' delle espressioni utilizzate, l'art. 13 della legge n. 412/1991 aveva comportato uno stravolgimento sostanziale dell'art. 52 della legge n. 88/1989, finendo in pratica con l'azzerare la portata innovativa della suddetta disposizione. Da ultimo pero' la Corte costituzionale con sentenza n. 39 del 28 gennaio 1993 (in dir. e prat. lav., 1993, p. 939) ha dichiarato che l'art. 13 della legge n. 412/1991 e' costituzionalmente illegittimo nella parte in cui e' applicabile ai rapporti sorti precedentemente alla sua entrata in vigore o comunque pendenti alla stessa data: in pratica la Consulta ha affermato che l'art. 13 della legge n. 412/1991 puo' trovare applicazione solo per il periodo successivo alla sua entrata in vigore, dovendo le fattispecie antecedenti essere regolate dal suddetto art. 52. Pertanto la questione di legittimita' costituzionale che sembrava superata riemerge nella sua integrita', risultando quindi quanto mai necessario un intervento della Corte costituzionale (v. anche Corte costituzionale 12 giugno 1991, n. 266 - in foro it., 1992, I, c. 598 - che sempre in materia ha ritenuto l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per essere stata erroneamente individuata dal giudice a quo la disposizione da applicare al processo principale). Pertanto si ritiene che nel caso di specie sussista anche l'ulteriore requisito della non manifesta infondatezza.